Alberto Berger, imprenditore per oltre quarant’anni, attualmente consulente di direzione con specializzazione in gestione e rivalutazione immobiliare, è presidente della sezione Ucid (Unione cristiana imprenditori dirigenti) della Provincia di Bolzano e ha “incontrato” l’Associazione San Giuseppe Imprenditore nell’esperienza di solidarietà verso i colleghi più sfortunati condotta da quasi dieci anni da Lorenzo Orsenigo. Berger ha dato alle stampe questa sua nuova fatica editoriale, dedicandola proprio all’ASGI, alla Congregazione degli Oblati di san Giuseppe, al Telefono Arancione e all’infaticabile operato del presidente Orsenigo volto a rivalutare la nobile missione del fare impresa. Lo abbiamo intervistato per approfondire le ragioni di questo saggio, acquistabile su Amazon (https://www.amazon.it/dp/B08FP4596T?ref_=pe_3052080_397514860).
Come è nata quest’opera?
«Questo libro mi è nato quasi di getto, dopo aver incontrato un amico, Lorenzo Orsenigo, e aver capito quanto è importante andare incontro agli imprenditori per costruire un legame forte di sostegno e di fraternità. Negli ultimi anni ho spesso dato sia un contributo tecnico sia un appoggio umano, a imprenditori in difficoltà e sono gratificato nell’essere riuscito spesso a “raddrizzare” la situazione ed evitare il peggio. Mi rendo conto che occorre anche una conoscenza specifica in materia gestionale e ho cercato quindi di descrivere le figure e i ruoli di tutti i protagonisti della vita d’impresa: la famiglia, i figli, i lavoratori, i commercialisti, gli esperti consulenti gestionali ai quali l’imprenditore può tendere le mani».
Già, perché il primo passo necessario è incontrarsi, avvicinarsi, conoscersi…
«Ho un grande desiderio: che questo libro possa permettere di inquadrare ruolo, visioni, futuro di un’impresa con il suo fondatore, mentre ancora è in grado di condurre la barca su una rotta. Occorre però poter arrivare a lui, sapere se è aperto a chi gli stringe la mano, in una solida e rassicurante stretta».
Da qui la scelta del titolo?
«Ho cercato, al di là di una prima parte che inquadra la “figura sociale e umana dell’imprenditore della piccola media impresa”, di lasciare parlare la mia storia vissuta, sia da imprenditore nel mondo dei servizi alle imprese e ai commercialisti, sia come padre che ha affrontato e risolto con il figlio il passaggio generazionale, sia come esperto in materie gestionali, ma viste e vissute con lo sguardo della dottrina sociale della Chiesa. Sono convinto, per vita vissuta ed esperienze sul campo, che la figura dell’imprenditore meriti tanta attenzione, stima ma anche aiuto. La barca sulla quale l’imprenditore ha avviato il suo percorso nel mare è piena di speranza, ma occorre maestria, specialmente se si leva il vento e le onde ti fanno sentire insicuro. Ma non sei mai solo, ti sei scelto i compagni di navigazione e loro aspettano le tue ferme decisioni sulla rotta, che tu mostri loro la saggezza e la certezza, che tu sappia dove è il porto e quanta energia occorre per arrivarci, con il vento che può soffiare in coda o in fronte a te. Da qui la barca e il tendere e prendere la mano nelle difficoltà, ispirato anche dai versetti del Vangelo secondo Matteo 14,22-33».
Che cosa, dell’esperienza imprenditoriale vissuta, ha segnato maggiormente il rapporto con la figura dell’imprenditore?
«Da sempre ho osservato con stupore, con curiosità, con ammirazione, quasi con “rabbia” la forza che ha spinto mio padre a superare di giorno in giorno se stesso nella lotta tra imprenditore e ambiente. Mi rifiuto di condividere il pensiero di chi vede dietro all’impegno di questa “classe di operatori” un interesse puramente economico. Non è comprensibile infatti come un uomo possa consumarsi senza risparmiarsi in un’azienda, se dietro a questa dedizione non vi fosse uno scopo più puro, più astratto, di una “sete di denaro”. Ho visto mio padre gioire di fronte a sofferte e meditate “innovazioni”, l’ho visto combattere di fronte alle difficoltà, ma non l’ho mai visto arrendersi di fronte alla fatica. Mi sono spesso confrontato con lui, con la sua vitalità, con la sua energia, ma segretamente, molte volte ho perso. A valle della mia esperienza di vita imprenditoriale, oggi all’età della pensione ma ancora attivo e con un’impresa passata di mano al figlio, desidero condividere e verificare la validità del modello culturale che mi sono costruito. Mi sono trovato nella mia esperienza di vita di fronte a tante incognite, ma di una cosa sono certo: con fatica, orgoglio e lotta quotidiana sono riuscito forse a raggiungere la forza, la costanza, la dignità, la passione che hanno guidato mio padre nella sua vita».